Comincio con questo articolo la pubblicazione delle immagini relative ad alcune Masserie, perlopiù fortificate, del Salento. Tra la fine del 2006 ed i primi mesi del 2007 ho avuto occasione di visitarne moltissime, assieme agli amici Dott. Lorenzo Capone e Prof. Maurizio Nocera. Lo scritto che segue è stato da me elaborato e, fuso assieme ad un altro prodotto da Nocera, è stato utilizzato come Presentazione al Volume “Masserie del Salento” del Preside Cesare Daquino, pubblicato dall’Editore Capone nel mese di maggio 2007 e presentato il 30 maggio presso il Monastero degli Olivetani di Lecce, sotto l’egida della Società di Storia Patria per la Puglia, Sezione di Lecce, della quale siamo membri.
Ing. Gianni Carluccio
* Tutte le immagini che seguono assieme allo scritto “Masserie del Salento” sono coperte da copyright dell’Ing. Gianni Carluccio che ne è autore.
MASSERIE DEL SALENTO
Il sistema delle masserie, sviluppato almeno a partire dal XIV sec., costituisce il tessuto connettivo dell’architettura rurale e, assieme ai muretti in pietre a secco ed all’ulivo, l’elemento caratterizzante del paesaggio agrario salentino. Questi complessi architettonici, che spesso erano di proprietà ecclesiastica, da strutture iniziali piuttosto semplici, con piccoli recinti di pietre a secco, arrivarono a diventare vere e proprie ‘fortezze’ inespugnabili.
I terreni di pertinenza di una masseria, che raggiungevano al massimo poche centinaia di ettari, erano utilizzati essenzialmente per la pastorizia, la cerealicoltura e l’olivicoltura e oggi queste masserie rappresentano dei veri e propri ‘monumenti alla vita contadina’.
Dopo gli iniziali studi degli anni ’60 del ‘900 da parte dell’Università di Pisa (B. Spano), è alla metà degli anni ’80 che risale la ‘presentazione’ al grande pubblico delle Masserie fortificate del Salento meridionale (XV – XVIII sec.), grazie all’opera di attento studio e divulgazione di Domenico Novembre e Antonio Costantini, coadiuvati dal fotografo Pierluigi Bolognini.
E nel Salento dalle straordinarie potenzialità, quello del recupero dei suddetti edifici, quali elementi forti dei ‘nostri’ beni culturali, assieme all’enorme patrimonio rappresentato dai villaggi fortificati messapici, dai monumenti megalitici (dolmen, menhir e specchie), dall’edilizia religiosa (a partire dalle sorprendenti cripte bizantine) fino all’edilizia militare (Castelli, Torri e Torri d’avvistamento costiere), rappresenta un impegno ormai inderogabile da parte degli Enti pubblici competenti.
Intanto, in attesa dell’intervento pubblico (si veda qualche tentativo di recupero, a volte ‘traumatico’, come quello delle masserie Torcito, Le Cesine e Rauccio, posizionate nel cuore di importanti aree naturalistiche) l’impegno dei privati sta facendo passi da gigante, tra mille difficoltà di ordine burocratico (per avere dei permessi dagli organi competenti a volte passano anni … ): bastino per tutti l’esempio della quattrocentesca Torre del Parco, splendidamente restituita alla ‘dimentica’ Lecce o le tante Masserie fortificate già recuperate o in via di recupero: si pensi alla Melcarne o alla Monacelli, nei territori limitrofi di Surbo e Lecce e nel territorio di Nardò alla Bellanova, alla Giudice Giorgio o ancora alla Console, già di proprietà del tenore leccese Tito Schipa.
Fattorie messapiche (Vaste), ville rustiche romane (Felline), strutture difensive di età bizantina o longobarda (Gennarano), casali medioevali (Quattromacine) e borghi quattrocenteschi (Muro Leccese) fanno da sostrato alle successive realizzazioni dei complessi masserizi e non di rado, proprio nei pressi delle antiche masserie è possibile rintracciare segni di antiche frequentazioni ed in alcuni casi anche della centuriazione romana.
Il patrimonio delle masserie (il toponimo, diffuso dal Salento al Trentino, deriva dal latino massa, che significa riunione, ammasso) si fonda quindi su radici antiche ed in molti casi il passaggio da casale a masseria è molto ben percepibile (significativo è il caso già menzionato di Quattromacine, nel territorio di Giuggianello, grazie a opportune indagini archeologiche).
In compagnia dell’Editore Lorenzo Capone, nelle vesti di fotografo, abbiamo avuto recentemente la fortuna di rivisitare molte delle più belle Masserie fortificate, immerse nello splendido scenario del paesaggio agrario salentino, e l’emozione è stata grande. A strutture ancora ben conservate ed utilizzate, come quelle del territorio di Nardò, Galatina e Copertino (masserie Brusca, Ogliastro, Torre Nova, Trappeto, Torre Pinta e La Torre) si contrappongono altre in stato di totale abbandono sia lungo il litorale adriatico (territori di Lecce, Vernole e Melendugno), che lungo quello ionico (lo stesso territorio di Nardò e quello compreso tra Ugento e Morciano di Leuca).
Il Salento, terra tra due mari, straordinariamente affascinante, da sempre crocevia di interessi commerciali divenne purtroppo, in alcuni casi, facilmente accessibile da parte di pirati sanguinari, che, sbarcati sulle coste, spargevano il terrore nella popolazione residente. Rimase nella storia la presa di Otranto da parte dei Turchi (1480), ma non meno devastanti furono le incursioni nei territori di Castro (1537) o Presicce (1543), contrade dove riecheggia ancora il grido “mamma li Turchi”; e si ha notizia di altri assalti tra fine ‘600 e primi del ‘700 (1671 tra Salve e Morciano;1711 a Cerrate; 1714 nei pressi di San Cataldo di Lecce).
Varie le tipologie riscontrabili nei complessi masserizi: masserie semplici e accorpate, masserie con torre, masserie con recinto (con torre o senza torre), masserie-castello ecc. e vari i termini con i quali si ha a che fare studiando tali strutture: garitte, caditoie, piombatoi, torri colombaie (cilindriche o quadrate), frantoi, fosse granarie, capanne, corti, cortili, pagliai, iazzi, mandrie, ricoveri per animali, recinti di pietre a secco (“chiesure”), paretoni, carrarecce, piccole specchie di pietre (“muriscine”), cisterne, pozzi, pile in pietra leccese, aie, piccole cappelle rurali ecc. e poca differenza c’è tra le masserie salentine e le omologhe dell’Andalusia, dove anche alcuni edifici religiosi furono fortificati per proteggersi dai Saraceni.
Nel territorio dell’Arneo (Nardò), che ha conservato strutture latifondiare fino all’ultimo dopoguerra, è presente il maggiore addensamento di Masserie fortificate: qui, infatti, c’era bisogno oltre che di difendersi, anche di manodopera costante. Tra queste, masseria Donna Menga (oggi in abbandono) era dotata, già nel 1493, di: « terras in summa tumulorum centum octaginta, quorum tumuli viginti sunt terre macclose et reliqui tumuli centum sexaginta sunt laboratorie cum furno, molendino, trappeto … , cisterna, turri et curtibus …. ».
Fra i più spettacolari edifici, sempre nel territorio di Nardò, è la torre cinquecentesca della masseria Giudice Giorgio, munita di garitte pensili angolari, di caditoie esterne e di una interna a protezione dell’ingresso principale. La torre si compone di un piano terra e di due piani superiori e rivela un’inequivocabile impronta residenziale di tipo signorile. Il primo piano (quello dove ci si rifugiava in caso di pericolo) comunicava originariamente col piano terra (dov’era il frantoio), attraverso un’apertura ricavata nella volta a botte, alla quale si appoggiava una scala a pioli che veniva ritirata in presenza di assalitori; in molti altri casi si fece ricorso a scale ricavate nella muratura perimetrale della torre, interrotte da una botola dotata di ponte levatoio, che fungeva anche da porta a protezione del piano superiore. Successivamente, ai fini dell’accesso ai primi piani, si utilizzò una scala esterna dotata di ponte levatoio, più comoda (soprattutto per le persone anziane) rispetto ai primi sistemi difensivi di queste masserie, che rappresentano dei piccoli ‘capolavori’ di architettura militare.
Se da sempre la ‘campagna’ ha contribuito a fare ricca e bella la ‘città’, ci si augura che presto una parte di quella ricchezza possa essere reinvestita nel recupero delle stesse masserie (oggi perlopiù in abbandono) e del paesaggio agrario salentino, a beneficio anche di un turismo qualificato e qualificante. Nell’attesa possiamo sorvolare le stupende campagne salentine con il programma di navigazione satellitare “Earth-tools” di Google, ultimo ritrovato nel campo delle relazioni Internet.
Lecce, 14.2.2007
Gianni Carluccio
* Dopo questa introduzione di carattere generale passiamo ad illustrare alcune delle Masserie presenti nel territorio di Nardò (Lecce).
Nella foto la bella torre della fine del ‘400. Il complesso masserizio che si estende per parecchi ettari è appartenuto per un breve periodo (seconda metà degli anni ’30) al tenore leccese Tito Schipa, che l’aveva acquistato dal Barone Personè di Nardò; oggi è di proprietà della Famiglia del Dott. Filippo Muratore.
COMMENTI
Alberto Carrafa il 9 maggio 2012 alle 10:42 scrive:
Bellissime foto professore …. Complimenti !
G. Carluccio il 9 maggio 2012 alle 10:50 scrive:
Ti ringrazio. Prof. Carluccio
Francesco Menna il 28 dicembre 2012 alle 13:27 scrive:
Gent.mo Prof. Carluccio
Mi farebbe piacere conoscerLa.
Sono immagini molte belle, non è escluso che possa visitarle. Se è possibile firmarle per organizzare un video multimediale, fatemi sapere.
G. Carluccio il 28 dicembre 2012 alle 16:28 scrive:
Gentile Francesco,
grazie per i complimenti; mi può scrivere spiegando meglio i suoi intendimenti al mio indirizzo e-mail: gianni.carluccio@alice.it.
Ing. Gianni Carluccio
Sergio Marangio il 5 ottobre 2013 alle 13:56 scrive:
Pur vivendo in queste zone del Salento da oltre 50 anni, ci meravigliamo ancora della bellezza dei nostri territori e dei nostri monumenti grazie anche alle tue meravigliose foto che ci svelano particolari, colori ed aspetti sempre nuovi. Speriamo di poter contare ancora per tanto tempo sulle tue pubblicazioni.
Sergio e Stefania Marangio
G. Carluccio il 5 ottobre 2013 alle 14:14 scrive:
Grazie cari Sergio e Stefania per aver visitato il mio sito. Appena possibile vedete le immagini delle montagne dell’Albania e delle Isole greche.
Un abbraccio, Gianni
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